IL SANTUARIO DELLA VISIONE

SANTUARIO DELLA VISIONE

La Chiesetta esistente, dedicata a S. Giovanni Battista, ove il Santo aveva pregato, celebrato l'Eucarestia e predicato, fu completamente rinnovata e ampliata nel 1437 per opera del conte Gregorio Callegari di Camposampiero. Il nuovo e decoroso tempio fu meta di continui pellegrinaggi di devoti del Santo. Ma nel 1769 il Senato veneto ordinava la soppressione di molti conventi, tra i quali anche quello di Camposampiero. Il complesso dei luoghi antoniani (chiesa, convento e campagna) ritornò ai vecchi discendenti della famiglia Camposampiero i quali non curarono la manutenzione della chiesa, che venne in gran parte demolita dal vandalismo francese nel 1798. Dopo alterne vicende, il Comune, divenuto proprietario nel 1854 degli Oratori antoniani, ne curò la manutenzione. Il 17 ottobre 1895, richiamati dall'autorità e dal popolo, i Frati Minori Conventuali (i frati del Santo) fecero ritorno riprendendo possesso dei luoghi antoniani.

La presenza dei frati ridiede vita ai Santuari. Progettato un nuovo tempio, il 26 dicembre 1906 si pose la prima pietra dell'attuale santuario dì S. Giovanni Battista e Antonio o della Visione, di struttura imponente a tre navate, inaugurato nel 1909. L'abside è dominata dalla pala di Pietro Paietta che ritrae S. Antonio in estasi con Gesù bambino (1909).

Il santuario di S. Giovanni Battista e Antonio o della Visione sorge sul luogo della primitiva chiesa di s. Giovanni, eretta in epoca antecedente al castello dei conti Tiso, come dimostra la sua collocazione al di fuori delle mura. Più tardi diventerà la cappella dei castellani. Attorno ad essa si formò il convento che ospitò S. Antonio. Ma il secolo successivo, a seguito delle aspre lotte tra i Camposampiero e i Carraresi per il possesso del castello, i francescani lasciarono questo luogo. La chiesa che sta per accoglierci non è dunque quella primitiva, che fu ricostruita insieme all’attiguo convento dal nobile Gregorio Callegari da Camposampiero negli anni 1426-31. Aveva una lunghezza di m. 45, con una navata centrale ampia affiancata da una minore. Vi avevano sede, con altare e tomba, le confraternite di S. Antonio, del Nome di Gesù, dell’Immacolata e di S. Francesco. Gli altari erano dieci, alcuni provvisti di argenteria di pregio e di tele, purtroppo andate smarrite, di artisti quali Francesco Vecellio, Bartolomeo Montagna, Marcello Fogolino, il veneziano Antonio Boselli.

Saccheggiata e deteriorata in seguito alle soppressioni del 1767 ad opera della Repubblica di Venezia che impose ai frati l’abbandono, il complesso cadde in rovina e la chiesa venne pure in parte demolita nel 1798 dal vandalismo francese. Dopo il passaggio dei diritti di proprietà alla famiglia Allegri, subentrata ai Camposampiero, e quindi al Comune di Camposampiero, che li acquisisce nel 1854, i frati si riappropriano di questi gloriosi luoghi antoniani e fanno ritorno a Camposampiero il 16 ottobre 1895. La Chiesa, oramai assai decadente e ritenuta troppo angusta, venne demolita per lasciar posto a un nuovo edificio di culto, di cui fu posta la prima pietra il 26 dicembre 1906 e celebrata l’inaugurazione il 13 giugno 1909. Ne ideò il progetto e diresse l’esecuzione dei lavori l’architetto Augusto Zardo. In essa è custodita la Cella nella quale il Santo di Padova ebbe la memoranda Apparizione di Gesù Bambino. La Chiesa è a tre navate, con transetto, pilastri e soffitto a volta sono in forme neoromaniche e gotiche. La lunetta soprastante il portale è abbellita da un mosaico raffigurante S. Antonio che abbraccia Gesù Bambino, opera della ditta Castaman di Murano. Fa bella mostra di sé accanto alla Chiesa la possente mole del campanile (1932) ideato dall’architetto Antonio Beni.

LA NAVATA SINISTRA

Appena entrati, ci si volga a sinistra. Sulla parete la statua di s. Massimiliano Kolbe in bronzo, opera dello scultore Carlo Ballyana (1983). Il martire di Auschwitz venne ai Santuari Antoniani il 24 gennaio 1930, in visita al compagno di studi e d’idealità spirituale nonché caro amico p. Girolamo Biasi (1897-1929). Insieme diedero vita al movimento mariano denominato “Milizia di Maria Immacolata”. Per questo l’idea che sottende la statua è di sollecitare il credente ad un incontro affettuoso con la Vergine, seguendo la spiritualità francescana.

Proseguendo, incontriamo l’altare del Crocifisso (1911). Nel mezzo del gruppo in marmo bianco di Carrara, emerge la figura di Gesù sulla croce, in basso a sinistra la Vergine Addolorata, in atteggiamento straziante; a destra s. Giovanni e ai piedi la Maddalena che abbracciata all’albero della croce vi si abbandona con grande trasporto. Esecutore della scultura è Francesco Sartor di Cavaso, nipote di s. Pio X. Più oltre, s’innalza l’altare dell’Immacolata, di nobili forme, opera di Donazzan di Pove di Bassano. La statua della Madonna è della scuola Mayer, Monaco di Baviera. Interessante il bassorilievo rappresentante la proclamazione del dogma dell’Immacolata, avvenuta nel 1854.

IL PRESBITERIO

Salendo il presbiterio, è ragguardevole il grande polittico "I miracoli e il volto santo di Gesù", donato al santuario nel 2012, che occupa tutta la parete sinistra. Gli altari laterali sono dedicati a s. Giuseppe e al Sacro Cuore di Gesù. A lato dell'altar maggiore vi sono le statue di s. Bonaventura e del Beato Bonaventura da Potenza. L’altar maggiore (1911) è lavoro del Cavallini di Pove di Bassano. Nel paliotto figurano quattro statue, rappresentanti i santi dell’Ordine francescano: s. Francesco, s. Giuseppe da Copertino, s. Ludovico vescovo e s. Elisabetta d’Ungheria. Merita una sosta la tela esposta nell’abside, datata 1909, dipinta da Pietro Paietta (1845-1911): la visione di s. Antonio. L’uomo di Dio è rappresentato in un soffice alone di nubi; in ginocchio, le mani atteggiate a devota meraviglia, il bel viso giovane, la bocca semiaperta, i grandi occhi nell’incanto dell’estasi.

Tra evanescenti figure d’angeli appare Gesù Bambino, che rivolge all’amico un cenno benedicente. Alla base, un’altra immagine d’infante, più corposa, come si addice a un ritratto: è Giovanni Battista (con-dedicatario della chiesa assieme ad Antonio); indossa una pelliccia, tiene in mano una piccola croce, cui si attorce un cartiglio, sul quale si leggono le parole: “Ecce Agnus Dei” (Ecco l’Agnello di Dio), riferite a Cristo. Accanto, il libro e il giglio, entrambi del Taumaturgo. La grande tela è inserita nella cassa armonica dell’organo, appartenente alla pregiata e rinomata Fabbriceria patavina Domenico Malvestio (1935). Sulla parete destra del presbiterio si trova un grande affresco del vecchio convento rappresentante s. Antonio in atto di predicare.

LA NAVATA DESTRA

Scesi dal presbiterio ci si porta al luogo più rilevante del santuario: la Cella della Visione. Piccolo ambiente dalle pareti e soffitto in umili mattoni a vista (vedi scheda successiva). Tornando in chiesa, s’incontra l’altare di S. Antonio, del 1913, del Cavallini di Pove (Bassano) con la statua del Taumaturgo. Nel paliotto, di notevole interesse è la scultura in altorilievo rappresentante la morte del Santo. Questi giace moribondo disteso su un lettuccio e cavalletti, contorniato da confratelli oranti, affranti e piangenti. Da notare a compimento della scena, come in atto di uscire da una porta, una fanciulla scalza e una vecchia dai lineamenti paesani. La scultura è opera di Arturo Ferraroni. A seguire ecco il sacello del Servo di Dio p. Girolamo Biasi (cfr sotto). Sulla parete di destra, appena entrati in Santuario, una lapide ricorda la figura di p. Antonio Bolognini (1868-1942), guardiano per molti anni del Convento, ideatore e promotore del Santuario della Visione e del Collegio Antoniano di Camposampiero, primo Provinciale della rinata Provincia Patavina di s. Antonio dai tempi del Santo.

A seguire il sacello del Servo di Dio p. Girolamo Biasi (vedi sacello).

Il settimo è l’altare di s. Francesco e dei santi patroni dell’Ordine francescano secolare: s. Ludovico (Luigi) IX re di Francia, s. Elisabetta, margravia di Assia e Turingia. La struttura architettonica è di Donazzan da Pove di Bassano; le statue del fiorentino Aloisi. In un piccolo cofano marmoreo ai piedi della statua di s. Francesco sono racchiuse le reliquie del beato Luca Belludi, compagno di s. Antonio portate nel Santuario della Visione nel 1938. Sulla parete di destra, appena entrati in Santuario, una lapide ricorda la figura di p. Antonio Bolognini (1868-1942), guardiano per molti anni del Convento, ideatore e promotore del Santuario della Visione e del Collegio Antoniano di Camposampiero, primo Provinciale della rinata Provincia Patavina di s. Antonio dai tempi del Santo.

LA CELLA DELLA VISIONE

Nella sua breve permanenza a Camposampiero, s. Antonio dimorò in una cella del piccolo convento. Qui Antonio trascorse molte ore in preghiera, scrutando la Parola di Dio e raccogliendosi in profonda contemplazione. Una tradizione degna di fede vuole che il Santo, mentre si trovata assorto in preghiera in questa cella, abbia avuto la grazia di vedere e accogliere fra le braccia il Bambino Gesù.

In questo romitorio, il venerdì 13 giugno 1231, poco dopo il mezzogiorno, frate Antonio colpito da improvviso collasso e sentendo vicina sorella morte, chiese e ottenne dai suoi frati di essere condotto a Padova. Da qui un carro trainato da buoi, secondo il biografo, trasportò il Santo fino all’Arcella dove, vittima di un secondo collasso, spirò fissando gli occhi al cielo ed esclamando: “Vedo il mio Signore”. Per questo, dopo la sua morte i frati e gli abitanti del luogo vollero conservare questo luogo benedetto dalla presenza del Santo. Nel corso degli anni la primitiva chiesa di S. Giovanni Battista e il vicino convento ebbero vari rifacimenti e ampliamenti, ma verso il luogo della Cella ci fu sempre grande venerazione e attenzione a custodirlo. La costruzione, pur con qualche ritocco, tenne sempre quelle dimensioni di stile francescano, umile, povero ed essenziale. Nel 1431 la nuova chiesa voluta dal Conte Gregorio V di Camposampiero si presentava dignitosa, così pure il convento strutturato in due piani e fornito di chiostri, uno dei quali confinava con la chiesa.

Volendo procedere a una nuova manutenzione, nel 1861 la chiesa venne in parte demolita e anche il chiostro; la Cella, rispettata nella sua parte essenziale, venne rivestita con stucchi di stile barocco per renderla più pulita e accogliente. Costruendo l’attuale chiesa (1906), la Cella fu incorporata e trasformata in cappellina che i fedeli possono visitare per raccogliersi in preghiera. Nel 1924, su progetto dell’arch. Ladini di Padova si volle riportare questo sacro luogo in una forma più originale, togliendo gli stucchi e lasciando i mattoni a vista. Un nuovo e più completo restauro ebbe luogo nel 1995; la Cella ha ripreso anche nella parte inferiore un’impronta più medioevale. La rimozione degli intonaci ha fatto emergere nelle pareti degli archi che sembrano indicare un legame con il vecchio convento e chiostro. Durante i lavori di ristrutturazione e riparazione infatti sono venuti alla luce alcuni resti di fondamenta della chiesetta primitiva adiacente alla Cella del Santo e risalente alla fine dello scorso millennio. È ciò che si può vedere ora attraverso il vetro posto sul pavimento.

Oggi, la Cella della Visione si presenta ai devoti e ai pellegrini in tutta la sua sobrietà e semplicità francescana. A destra una finestrella e al centro sta la tavola di Andrea Vivarini da Murano (1486) che ritrae la figura intera di s. Antonio con i simboli consueti del giglio e del libro, lo sguardo affettuoso e rassicurante. Secondo la tradizione si tratterebbe della rozza tavola di pioppo che serviva da giaciglio al Santo durante la sua permanenza nel convento di Camposampiero. Essa è difesa da una grande cornice con cristallo per impedire l’indiscreta devozione dei fedeli che, in passato, asportarono molti frammenti di questa “reliquia antoniana”. È costante tradizione che il Santo, riposando sopra di essa, vi abbia lasciata impressa la propria effigie, ripresa dal pittore Andrea da Murano al principio del XVI secolo. A lato un mattone del 1600, modestissimo ex-voto rinvenuto nella cella del Santo, su cui sta inciso: “Nicolò per amor di grazia”.Nella parte inferiore, nella parete di fondo, una nicchia per l’esposizione delle reliquie del Santo. Sul pavimento attraverso un vetro si può osservare parte dell’antico pavimento del 1700 e più in profondità, alcuni mattoni delle fondamenta dell’antica Cella.

IL SACELLO DI FRA' GIROLAMO BIASI

In fondo alla navata destra, dopo l’altare di s. Antonio, si trova il sacello del Servo di Dio fra' Girolamo Biasi. L’urna con i suoi resti mortali è stata traslata qui, dalla nicchia accanto alla statua di s. Massimiliano Kolbe dove si trovava, il 9 aprile 2005.

Si è subito colpiti dal grande Tau in legno posto all’ingresso. Il Tau è l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico. Esso viene adoperato con valore simbolico fin dall’Antico Testamento, per indicare la salvezza e l’amore di Dio per gli uomini. Ne parla il profeta Ezechiele che vede l’angelo mandato da Dio a imprimere sulla fronte dei servi di Dio questo segno di salvezza (cfr Ez 9,4). Il Tau è segno di redenzione e fu adottato da s. Francesco per la somiglianza che ha con la croce di Cristo. Questo richiamo alla vita di sequela di Gesù povero e crocifisso ben si addice alla breve vita di p. Girolamo, fedele seguace di s. Francesco e s. Antonio. Fra' Girolamo era nato a Sfruz, in provincia di Trento il 7 dicembre 1897. Entrò nel collegio dei Frati Minori Conventuali a Camposampiero e fu compagno di studi a Roma con padre Kolbe. Egli fu uno dei sette giovani frati che, con s. Massimiliano Kolbe, la sera del 16 ottobre 1917 fondò la Milizia dell’Immacolata, l’Associazione religiosa con cui voleva affidare il mondo a Maria. Desiderava ardentemente essere sacerdote per dilatare il Regno di Dio, ma il Signore voleva altro: dovette interrompere gli studi e tornare a Camposampiero malato di tubercolosi. Riuscì comunque ad essere ordinato sacerdote il 16 luglio 1922.

Poche settimane di vita sacerdotale, poi l’inizio del calvario. Come frumento macinato dalla sofferenza, divenne pane vivo per la fame del mondo. Sacerdote costretto all’immobilità, visse il suo ministero mettendo la sua vita nelle mani del grande Sacerdote, chiedendogli di poter essere anche lui vittima immolata per la vita dei fratelli. Sette anni da un ospedale all’altro, riuscì a seminare serenità e letizia a chi lo accostava. Morì nell’ospedale di Camposampiero il 20 giugno 1929, sorridendo fino all’ultimo. S. Massimiliano Kolbe, prima di partire per il Giappone fece visita alla sua tomba. L’interno del sacello è impreziosito da un ampio altorilievo in terracotta scolpito da Romeo Sandrin. La scena vede al centro la Vergine Santissima che accoglie tra le sue braccia dolci e materne il fra' Girolamo morente, dal volto radioso e sorridente. Tutto è avvolto nel vortice dello Spirito Santo, che ha animato la breve vita religiosa e sacerdotale di fra' Girolamo. Nella scultura, sul lato sinistro, è rappresentata tra larici e pini la chiesa di Sfruz, paese natio di fra' Girolamo, con sullo sfondo i monti della Val di Non, in Trentino. Sul lato destro è scolpita la maestosa Chiesa della Madonna del Carmine di Padova dove fra' Girolamo è stato ordinato sacerdote nel 1922 e, in primo piano sempre sulla destra, la facciata del vecchio ospedale di Camposampiero e del Santuario del Noce. Sono i luoghi più significativi di una vita interamente consacrata a Cristo e ai fratelli. Sull’urna dove giace pfra' Girolamo arde una lampada formata da due mani piene di nigritella, il fiore di montagna, tipico dell’amata Val di Non.

LE VETRATE ARTISTICHE DI LINO DINETTO

Nel Santuario della Visione si ammirano 14 vetrate artistiche istoriate ad opera del maestro Lino Dinetto, realizzate nel 1965 in occasione del 70° anniversario del ritorno dei Frati Minori Conventuali a Camposampiero.

Lino Dinetto, è un artista padovano - è nato ad Este nel 1927 - formatosi giovanissimo prima a Venezia e poi a Milano dove ha fatto tesoro degli insegnamenti ricevuti da Sironi e Carrà. Dal 1955 al 1969 ha diretto le sezioni di Pittura e Disegno presso l’Istituto de Bellas Artes di Montevideo. Nel 1960 è tornato in Italia e si è dedicato in particolare alla pittura murale e su vetro. A lui si deve la recente decorazione della Cappella dedicata a Santa Chiara nella Basilica di Sant’Antonio a Padova. I vari quadri ideati per il Santuario della Visione di Camposampiero ricordano in modo vivo e attraente la storia della presenza di s. Antonio in questi luoghi. La vetrata del Cristo Risorto. Nella trifora, che si apre sulla facciata, al centro si vedono la figura di Gesù risorto e, ai suoi piedi, sopra un monte, l’Agnello immolato, da cui partono sette rivoli d’acqua, simboleggiante i sette sacramenti.

Il mistero pasquale è infatti il centro della liturgia della chiesa e della vita cristiana. Ai lati di Gesù che sale al cielo sono raffigurati i due titolari del santuario: s. Giovanni Battista e s. Antonio, che sono collegati con il mistero centrale: infatti s. Giovanni indicò il Redentore con le parole: “Ecco l’Agnello di Dio” e s. Antonio, morente, esclamò: “Vedo il mio Signore”. Queste sono anche le due scritte che si leggono nelle due finestre laterali della facciata: sono sorrette da Angeli in movimento e sembrano quasi un messaggio, che essi portano dal cielo agli uomini. La vetrata della Visione. La trifora, che guarda il convento ed è situata dalla parte della Celletta della Visione, riproduce il fatto, avvenuto nel convento di Camposampiero, dell’apparizione di Gesù bambino a s. Antonio. Il Santo è raffigurato in estasi e con le braccia aperte, in atto di accogliere Gesù Bambino, che, pieno di soavità e grazia, si muove verso di lui. Sopra Gesù Bambino angeli musicanti. Ai lati della vetrata centrale che rappresenta la grande visione, sono raffigurati i santuari antoniani di Padova e dell’Arcella. Sulla finestra dell’abside, accanto a questa trifora, due angeli presentano la supplica scritta: “Resta con noi, Signore”. Nella lunetta all’ingresso della Penitenzieria altri due angeli reggono lo stemma dell’Ordine francescano. La vetrata del “Noce”. La trifora, che guarda a nord, verso il santuario del Noce, ricorda il fatto singolare della dimora del Santo su un grande noce, dove il conte Tiso gli aveva costruito una celletta tra i rami: in essa s. Antonio pregava, dettava i suoi Sermoni, e predicava ai fedeli, che ivi accorrevano. Ai lati del noce, che abbraccia tutta la trifora, si vede da una parte la figura del beato Luca Belludi, compagno fedele di s. Antonio, che scrive i Sermoni del Santo, dietro sua dettatura e dall’altra quella della clarissa beata Elena Enselmini che, estatica, contempla il Santo che ebbe in vita come maestro di vita spirituale. La figura della beata Elena è stata posta su questa trifora anche per richiamare la presenza del Monastero delle Clarisse, che sorge accanto al Noce. Dai piedi del Noce partono stuoli di colombe: raffigurano i frati e i fedeli che ripieni dello Spirito donato da questi luoghi si spargono per il mondo, come s. Francesco e s. Antonio, per annunciare il Vangelo. Infatti sulla finestra dell’abside, accanto a questa trifora, si leggono le parole di Gesù: “Vi dono la mia pace”. Non sono da dimenticare gli artistici tondi d’angeli musicanti, anch’essi del pittore Dinetto, che chiudono una serie di oblò, praticati attorno alla cupola, che s’innalza sopra l’altare maggiore. L’insieme dei colori, l’espressione, il movimento delle figure e l’alta idea che esse esprimono fanno di queste vetrate un’opera d’arte che si impone all’ammirazione e alla devozione. Esse avvolgono la chiesa in una mistica penombra, che invita al raccoglimento e alla preghiera.

IL POLITTICO

Trentaquattro illustrazioni e un mosaico d’autore compongono il Polittico dedicato a “I miracoli e il volto santo di Gesù”, donato ai frati dei Santuari Antoniani di Camposampiero. Alcuni tra i migliori illustratori per l’infanzia – provenienti da Italia, Francia, Spagna, Argentina e Iran – e la scuola del mosaico di Angelo e Sandro Gatto incontrano l’arte sacra e reinterpretano con il linguaggio e i colori della bellezza il messaggio della salvezza. Il Polittico, che è stato in mostra nelle Sale Apollinee del Teatro la Fenice di Venezia nel 2011, è frutto di un progetto ideato da Alessandro Ragazzi di Licensing Vision, con la sua associazione culturale “I Giardini della Somiglianza”, assieme alle illustratrici Arianna Papini, Elham Asadi, Nicoletta Bertelle, Valentina Salmaso e Andreina Parpajola.

1. Annunciazione | Lc 1,26-38 | Nicoletta Bertelle
2. Nascita di Gesù | Lc 2,1-20 | Valentina Salmaso
3. Battesimo di Gesù | Mt3,13.17 | Lucia Sforza
4. Tentazioni di Gesù | Mt 4,1-11 | Elisabetta Benfatto
5. Le Nozze di Cana | Gv 2,1-11 | Arianna Papini
6. Esorcismo a Cafarnao | Mc 1,21-28 | Vittorio Bustaffa
7. Pesca Miracolosa | Lc 5,1-11 | Alessandra Cimatoribus
8. La Tempesta sedata | Mc 4,35-41 | Donatella Besa
9. Il Figliol prodigo | Lc 15,11-32 | Marta Maineri
10. La Pecora smarrita | Lc 15,1-10 | Michele Ferri
11. Il Granello di senape | Mc 4,30-32 | Giovanni Manna
12. I Gigli del campo | Mt 6,25-34 | Andreina Parpajola
13. Moltiplicazione dei pani | Mt 15,32-38 | Elham Asadi
14. Il Buon Samaritano | Lc 10,25-37 | Rosanna Nardon
15. Risurrezione di Lazzaro | Gv 11,1-44 | Javier Zabala
16. Guarigione del cieco nato | Gv 9,1-41 | Sandro Natalini
17. Il ragazzo indemoniato| Mt 17,14-20 | Bimba Landmann
18. Trasfigurazione di Gesù | Mt 17,1-13 | Roberta Contiero
19. Ultima cena | Mt 26,17-26 | Paolo Domeniconi
20. Guarigione dell’orecchio del servo | Lc 22,49-51 | Giuliano Ferri
21. La Crocifissione di Gesù | Mc 15,21-41 | Nino Ferrara
22. La Risurrezione di Gesù | Gv 20,1-19 | Cinzia Cavallaro
23. Il dubbio di Tommaso | Gv 20,24-31 | Valentina Martegani
24. Apparizione a Paolo di Tarso | At 9,1-19 | Antonella Abbatiello
25. Apparizione di Gesù risorto | Mc 16,1-13 | Cristina Pieropan
26. Guarigione di storpi, ciechi e sordi | Mt 15,29-31 | Loretta Serofilli
27. Gesù e una legione di demoni | Lc 8,26-39 | Donata Dal Molin
28. Guarigione del servo del centurione | Lc 7,1-10 | Eric Battut
29. Il pubblicano di nome Levi | Lc 5,27-32 | Donata Montanari
30. L’adultera | Gv 8,1-11 | Gianni De Conno
31. Diventare come i bambini | Gv 18,1-5 | Alessandra Roberti
32. Gesù guarisce un lebbroso | Mc 1,40-45 | Alida Massari
33. Il giovane ricco | Mc 10,17-27 | Emanuela Orciari
34. Sale della terra e luce del mondo | Mt 5,13-16 | Sophie Fatus
35. Il Volto Santo di Gesù | libera interpretazione | Angelo e Sandro Gatto